Arturo Alberti: “Nonostante la differenza culturale e le barriere linguistiche, i dialoghi tra noi si fanno ogni settimana più intensi. Abbiamo discusso per mesi dei 10 comandamenti ed ora siamo passati alle Beatitudini” (Fraternità e Missione di Agosto 24).

Sono in Kenya da 2 anni e mi occupo di un gruppo di mamme con bambini disabili chiamato UJACHILIE, che è la traduzione in Swahili della canzone di Chieffo “Lasciati fare”. Ci incontriamo al mattino con le mamme dei bambini con vari gradi di disabilità, alcuni anche molto gravi. Prima diciamo il Rosario in chiesa, poi facciamo un po’ di canti per creare un clima di amicizia, e poi ci dividiamo. Due delle mie consorelle insieme a dei volontari si prendono cura dei bambini e li fanno giocare, alcuni hanno bisogno di essere tenuti in braccio perché non hanno mobilità.

Io invece sto con le mamme, e sono momenti molto belli e veri, con persone nuove ogni volta perché le mamme si invitano tra loro, superando così lo stigma che a Nairobi è ancora molto presente riguardo alla disabilità, vista come una maledizione di Dio (di solito i bambini vengono tenuti nascosti dentro le case). Invece adesso si dice che c’è un posto dove i bambini possono essere visti, e così cominciano a venire con i loro bambini avvolti in lenzuoli sopra le spalle, e piano piano li scoprono, non hanno più vergogna a farli vedere in giro.

Con queste mamme tocchiamo molti temi. Quasi nessuna di loro è cattolica, molte sono protestanti o di varie sette, per cui ho deciso di iniziare dai Comandamenti. Sono emerse tantissime domande, sia sul rapporto coniugale – quasi tutte sono state abbandonate dai loro uomini nel momento in cui è stata scoperta la disabilità dei figli – oppure sul tema dell’aborto (anche se molte di loro sono donne coraggiose che hanno tenuto i loro figli, solo alcune l’hanno scoperto dopo la nascita).

Io parlo in inglese, sono anche studentessa di seconda elementare, nel senso che vado con i bambini, siedo con i bambini, imparo lo Swahili, però intanto parlo in inglese, e dunque i bambini si devono tradurre a vicenda per sapere cosa sto dicendo… però dalle domande che ricevo capisco che qualcosa stanno capendo.

L’altra cosa bella è che con il nostro ospedaletto di quartiere riusciamo a offrire cure, speech therapy, una diagnosi fatta bene (molto rara tra loro) e i medicinali adeguati. Anche grazie a Orizzonti noi possiamo coprire spese anche importanti di mamme che vengono spesso da quartieri molto poveri, e quindi grazie, grazie, grazie.